In attesa della pubblicazione del calendario corsi 2016, ricevo email in cui mi si chiede delle date dei prossimi corsi per l’assetto ed il trim. Per questo motivo ho inserito questo titolo volutamente provocatorio. In effetti ormai con una certa regolarità anche i miei studenti, molto più avvezzi del sottoscritto al palcoscenico dei social network, mi contattano per mettermi al corrente della nascita di nuovi corsi finalizzati alla correzione dell’assetto e del trim. In verità si può dire che lo sdoganamento del sistema d’immersione DIR/hogarthian ha stimolato tutte le agenzie didattiche a prendere in considerazione questi aspetti della preparazione dei propri subacquei, se non altro per non perdere un introito degno di considerazione dal punto di vista economico.
Per un po’ all’inizio pensai che questo avrebbe prodotto una naturale e giusta evoluzione del bizzarro mondo della subacquea, stimolando serie riflessioni sul modo di scendere sott’acqua sempre più segnato da una latente scarsa considerazione del proprio impatto sulla vita bentonica e spesso anche su quella plantonica. Nella realtà sono costretto ad osservare che nulla è cambiato nell’approccio didattico delle varie agenzie.
Nessuno ha colto gli aspetti più importanti legati alla formazione dei subacquei ma ci si è limitati ad operazioni di cosmesi superficiale. Questi corsi hanno avuto come scopo più importante quello di creare dei subacquei che fossero belli all’apparenza ma non nella sostanza. Sono rimasti appunto dei “corsi di assetto e trim” e non potranno funzionare per il miglioramento generale della subacquea per i seguenti motivi:
- non conoscendo l’obiettivo finale dell’addestramento, la tipologia delle abilità richieste contraddice spesso l’obiettivo finale stesso (basti vedere alcuni video pubblicati dove si suggerisce allo studente di emettere bolle dalla bocca dopo aver tolto l’erogatore; chiaro segno di una sovrapposizione di filosofie e finalità educative diverse)
- sono considerati dei corsi correttivi ai quali partecipare solo in vista di un’evoluzione verso la subacquea tecnica o comunque per sanare delle situazioni e delle mancanze createsi nei corsi precedenti;
- non si focalizza sulla costruzione di un approccio di squadra ma esclusivamente sullo sviluppo di abilità personali di base che sono solo in grado di migliorare l’estetica ma non la condivisione del sistema (il classico corso individuale non ha infatti alcun senso);
- non si crea un approccio olistico che dia un senso ad ogni componente dell’attrezzatura, squadra e consapevolezza dell’ambiente;
- molto spesso gli istruttori destinati ad insegnare queste cose non sono sufficientemente preparati, sia in considerazione delle abilità da sviluppare e, purtroppo ancor meno, in relazione ad un approccio di squadra;
- la mancanza di una visione globale del sistema magari grazie al fatto di averlo utilizzato in immersioni oltre il livello ricreativo dove esso restituisce la sua straordinaria efficienza, impedisce di focalizzare sulla insostituibile necessità di governare al meglio quelle essenziali abilità. Manca infatti la contestualizzazione delle abilità richieste e la progressività delle fasi educative;
Insomma, la cosa che viene dimenticata in questi corsi sempre più popolari è proprio la più importante: la creazione di un subacqueo pensante. La creazione di un subacqueo capace quindi di capire che assetto e trim sono solo il mezzo e non il fine. Grazie ed essi sarà un giorno in grado di mantenere stabilmente la posizione all’interno di un team durante una decompressione in libera ma nello stesso identico istante starà calcolando e modificando la strategia di risalita nel ruolo di capitano di Deco, condividendo i risultati all’interno del team senza l’aiuto di strumenti tecnologici. Se non siamo in grado di far imparare questa nuova lingua ai nostri studenti per comunicare e condividere sott’acqua come un team pensante, è come avessimo messo cipria, rossetto e tacchi a spillo ad un abitante della foresta.
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