Ringraziando tutti quelli che hanno aderito, tra l’altro in numero inaspettatamente rilevante alla mia newsletter, vi comunico che è già a disposizione per voi un primo articolo. Gli articoli seguiranno la sequenza logica dello sviluppo delle abilità del subacqueo: il metodo dei “mattoncini”.. Si comincia, quindi, dall’assetto. Spesso considerato come elemento isolato e disgiunto da altre abilità, esso deve invece essere considerato come parte integrante del più ampio concetto di “efficienza idrodinamica”. Molti dei concetti espressi potrebbero sembrare di non facile comprensione, soprattutto se si è abituati ad una sommaria, sbrigativa e “archimediana” spiegazione del problema. Meglio così, poiché il dubbio è ragionamento e il ragionamento porta alla discussione.
Buona lettura
44 commenti tratti dal vecchio sito:
Giancarlo Casale
(domenica, 13 giugno 2010 21:27)
Argomento spiegato in modo egregio ..
#2
Flavio Turchet
(domenica, 13 giugno 2010 21:47)
grazie Giancarlo per l’apprezzamento
#3
Maurizio Marotta
(domenica, 13 giugno 2010 21:52)
Molto interessante, non avrei mai pensato che l’argomento potesse nascondere tante sfumature, fa riflettere
#4
Ziomau
(lunedì, 14 giugno 2010 15:44)
Ottimo lavoro Flavio, al solito.
#5
Massimo
(martedì, 15 giugno 2010 15:23)
ma,ma,ma…..non ho capito. Cos’e’ la zavorra? Hihihihihi….Scherzi a parte,chiaro ed esaustivo.
#6
mara
(mercoledì, 16 giugno 2010 17:02)
uhmm..ma! mi sembra proprio di averlo già sentito a lezione..spiegato da te ovviamente ;D articolo molto buono e chiaro!
#7
fabio pic
(domenica, 20 giugno 2010 18:26)
che dire, aspetto il prossimo.
Ce ne fossero….
#8
Erika
(venerdì, 13 agosto 2010 08:22)
Ciao,
ho letto questo articolo e l’ho trovato molto interessante e anche con tante novità rispetto a come di solito si tratta l’argomento. Però una cosa non mi è chiara e non concordo con un’altra.
1- non capisco perchè non posso usare una bombola in acciaio se porto la muta umida
2- non concordo con il fatto che la muta stagna non subisca variazioni di spinta idrostatica perché la mia muta stagna mobis in neoprene in profondità ha una spinta diversa rispetto alla superficie
grazie
Erika
#9
Flavio Turchet
(venerdì, 13 agosto 2010 16:27)
Ciao Erika,
cercherò di essere breve e possibilmente chiaro e semplice.
PUNTO 1 – durante il corso l’allievo viene condotto a scoprire il bilancio idrostatico non solo come evento pratico ma, soprattutto, attraverso il calcolo matematico. La sommatoria delle spinte, positive e negative, delle varie parti dell’attrezzatura viene analizzata matematicamente nelle due opposte condizioni: inizio immersione bombole piene alla profondità massima e fine immersione bombole vuote in superficie, con le due varianti bombola in acciaio e con bombola in alluminio. Alla condizione iniziale, bombola piena e profondità massima, si aggiunge il guasto al CA, quindi l’impossibilità di compensare la spinta negativa di tutto il sistema insufflando il gas. La somma matematica che ne consegue ci mette di fronte alla angosciosa evidenza che il sub dovrebbe vincere con le proprie gambe una spinta negativa di oltre 4 kg. con una bombola in alluminio e di oltre 7 kg con una bombola in acciaio. Sappiamo benissimo che se la prima risulta già essere un’impresa non da poco per un subacqueo allenato, la seconda diventa una situazione pericolosa. Ti prego poi di considerare che questa sommatoria matematica è riferita ad un sistema equilibrato; sappiamo benissimo invece, che la maggior parte dei subacquei porta sempre con se qualche chilo di zavorra inutile e superfluo che rende sicuramente la situazione più drammatica.
PUNTO 2 – la risposta alla tua osservazione è già all’interno di quello che hai scritto. Infatti, la tua muta stagna è costituita di neoprene e presenta differenze di spinta idrostatica in base alla profondità, come una normale muta umida. Il neoprene, a differenza del trilaminato, è comprimibile quindi necessita in superficie di zavorra supplementare per essere affondato; zavorra che in profondità deve essere compensata con l’ausilio del CA poiché non possiamo usare la stagna per aggiustare il bilancio idrostatico. Nei corsi DIR/hogarthian si consiglia l’utilizzo del trilaminato principalmente per questa importante differenza tra i de tessuti sul bilancio idrostatico totale. Poi si aggiungono altri vantaggi di cui parlerò nella successiva serie di articoli dedicati all’attrezzatura.
#10
fabio
(venerdì, 13 agosto 2010 17:49)
ciao Erika,
mi permetto di consigliarti un dei corsi base ( magari se sei in zona, con Flavio ) in quanto sono l’unica risposta a tutti i tuoi quesiti ( e a moltri altri che ti porrai ). In un tempo relativamente breve riuscirai ad avere una visione completamente più chiara di come sia efficace, agevole, sicuro e “finalmente” piacevole andare in acqua elimando tutti quegli stress che io per primo non sò più cosa siano. Dopo tutti i vari livelli di brevetti conseguiti nella didattica di allora, credevo d’avere capito e appreso i metodi migliori della subacquea, conscio che solo l’ulteriore “acqua” m’avrebbe dato la giusta conoscenza/esperienza. Ebbene dopo aver intrapreso “Questa Strada” ho potuto veramente Godere e Apprezzare Appieno il meraviglioso mondo che, ogni volta che ci immergiamo, ci passa davanti e credo che tu sappia di cosa sto parlando.
Il miglior investimento in questo sport.
Ciao
#11
paolo
(sabato, 14 agosto 2010 22:02)
Ciao Erika,
la risposta di Flavio penso sia esaudiente ad ogni modo concordo pienamente con Fabio, un buon corso base che ti insegni l’approccio DIR alla subacquea, (Do it right,tradotto fai la cosa giusta) possa contribuire in modo fondamentale alla tua formazione come thinking diver ( subacqueo pensante). Di questa formazione apprezzerai a pieno il valore gia con le immersioni ricreative a 20 metri in mari tropicali, non è assolutamente come erroneamente si possa pensare un approccio alla subacquea solo per i tecnici ortodossi ma bensi un percorso formativo la cui validità e immediatamente apprezzabile a qualsiasi livello. Chi ti scrive si è rimesso in gioco quando gia ero aiuto istruttore con qualche centinaio di immersioni in veri mari del mondo e posso garantire che solo all interno del sistema dir ho trovato tutte le risposte coerenti e logiche, seppur esposte con disarmante semplicità ai quesiti di chi si immerge.
#12
Massimo
(mercoledì, 18 agosto 2010 18:47)
Bene,penso non ci sarebbe altro da aggiungere a cosi’ tali autorevoli commenti ma,cara Erika,se mai dovesse servirti ecco un “post di cuore”. Mi sono avvicinato al “mondo subacqueo” 5 anni fa e si potrebbe dire anche con un certo ritardo sulla tabella di marcia dettata dal nostro orologio biologico…e’ un’attivita’ che mi ha sempre affascinato vuoi per il piacere e la fortuna di conoscere un “mondo” nuovo vuoi per la pace e serenita’ che solo in immersione riesco a regalarmi;ma probabilmente queste sono cose che gia’ anche tu ben conosci. Ora,un bel giorno,stanco e annoiato da un’attivita’ che non mi dava piu’ la tranquillita’,la pace e la SICUREZZA che cercavo,mi sono preso un attimo di riflessione e,guardandomi attorno,ho deciso di cercare un qualcosa ,non sapevo ben cosa,che potesse aiutarmi a cancellare lo STRESS che la mia passione aveva creato.Ecco che,l’avvicinarmi per caso ma con l’aiuto di un “gran maestro” e assoluto professionista quale Flavio al mondo hogarthiano e’ stato per me un fulmine a ciel sereno.Ora,e’ passato meno di un anno da questa illuminazione e veramente fosse arrivata prima…passati stress pensieri e dubbi ma sopratutto,e’ tornata la voglia pazzesca di essere sempre in acqua ove il tempo rubato al lavoro me lo permetta. E si,come qualcuno una volta mi disse,”ho visto la luce in fondo al tunnel”.L’approccio DIR alla subacquea e’ qualcosa di diverso,e’ qualcosa che,affiancato all’impegno e addestramento che ogni curva di apprendimento ti richiede,ti porta con mano ad assaporare qualcosa che gia’ a pochi metri di profondita’ apre una porta verso un mondo totalmente diverso da quello che hai finora visto e ti permette di spingerti piano,ma sopratutto senza paure e assilli verso barriere che mai avresti potuto pensare di superare,ed e’ la che capisci quale sia l’importanza di affrontare un’attivita’in totale assoluta e “gratificante” sicurezza.Spero di cuore questo possa essere di aiuto e completamento per cancellare le tue perplessita’ e spingerti a entrare quanto prima nel nostro fantastico universo.
#13
Fabio
(giovedì, 19 agosto 2010 01:33)
thò, chi si riLegge.
Ben Tornato tra noi, Massimo.
#14
Erika
(martedì, 24 agosto 2010 14:51)
Grazie a tutti per le vostre risposte appassionate ora è più chiaro il concetto. Se siete tutti dello stesso gruppo dve essere molto bello questo affiatamento e credo anche le immersioni che fate insieme dovrebbero essere entusiasmanti.
un saluto a tutti voi
#15
fabio
(mercoledì, 25 agosto 2010 14:10)
“purtroppo” ;D siamodello stesso gruppo, questo non vieta, ma anzi, di “ospitare” altre persone…
Facci sapere da dove scrivi, così ti mandiamo a prendere per qualche tuffo insieme…
ciao
#16
mara
(mercoledì, 25 agosto 2010 14:12)
Ciao Erika,
solo un breve post innanzitutto per sottoscrivere e confermare tutto quello che hanno detto i miei Colleghi e poi per aggiungere che, anche se a prima vista potrebbe sembrare un mondo “al maschile”, noi donne possiamo raggiungere esattamente le stesse mete..se non di più! (w noi!)
Oltre che per tutti i validissimi motivi già espressi dagli altri, anche questo potrebbe essere un piccolo motivo in più per decidere di seguire un corso..vedrai che soddisfazione!!
#17
Erika
(giovedì, 26 agosto 2010 13:52)
ciao e grazie per la disponibilità ma Lugano è un po lontana e quando abbiamo voglia di salato puntiamo verso la Liguria, grazie comunque
Erika
#18
Beatrice
(sabato, 28 agosto 2010 21:47)
Dai, se per te è un po’ scomodo(effettivamente) venire da noi, potremmo venire noi da te!!
#19
Ilario
(mercoledì, 14 dicembre 2011 12:13)
Ciao Flavio ho letto con molto interesse l’articolo sul bilancio idrostatico. Si parla di matematica per calcolare l’assetto ma vedo alquanto improbabile applicare rigorosi calcoli al mondo della subacquea in cui per statuto i kg si stimano a spanne larghe. É davvero possibile stabilire a tavolino il peso necessario da applicare al corpo del subacqueo per renderlo neutro? Grazie
#20
fabio
(mercoledì, 14 dicembre 2011 13:54)
ciao Ilario, la risposta te la sei data da solo.
In effetti frequentando i corsi delle Didattiche “ convenzionali “ si è appunto abituati a sommarie e spannometriche spiegazioni e interpretazioni.
Lo accenna anche Flavio nell prefazione dell’articolo:
“ Molti dei concetti espressi potrebbero sembrare di non facile comprensione, soprattutto se si è abituati ad una sommaria, sbrigativa e “archimediana” spiegazione del problema”.
Ciao
#21
Stefano che ama le tegnue
(mercoledì, 14 dicembre 2011 16:22)
Ciao Ilario, premetto che sono un allievo di Flavio e Fabio alle primissime armi quindi per quanto riguarda questo nuovo e rivoluzionario sistema di immersione. Vado però in acqua da un bel po’ di anni e posso anzi potevo ritenermi

#22
Orante
(mercoledì, 14 dicembre 2011 19:12)
Non entro nel merito dei “calcoli” perchè sicuramente sono stati più che sperimentati e pertanto li prendo per buoni.
Condivido l’affermazione che vede nel “metodo spannometrico” una valutazione vetusta e decisamente imprecisa. L’equazione “PESO del SUB / 10 + 1 = ZAVORRA” non funziona a meno che non si voglia fare il palombaro e camminare sul fondo.
Mi sfugge invece del perchè si parli di “didattiche convenzionali”. Ne esistono per caso di “NON CONVENZIONALI”?. La didattica, qualunque essa sia, è per definizione convenzionale.
Allora più che dell’applicazione dei calcoli proposti per trovare “l’assetto” mi preoccuperei del pseudo anticonformismo subacqueo della serie “se lo faccio strano lo faccio meglio”. Brividi freddi lungo la schiena mi assalgono a leggere tali pensieri che, se pur legittimi, penso allontanino dal problema, creandone di nuovi invece di risolvere i vecchi.
#23
Flavio Turchet
(mercoledì, 14 dicembre 2011 19:28)
Ciao Ilario, mi dispiace che il riferimento al calcolo matematico proposto durante i corsi, relativo alle prove fatte con la bilancia idrostatica, abbia potuto generare questo fraintendimento. L’esempio serve solo a scoprire una situazione di sbilancio tra differenti tipi di bombole subacquee. Infatti, non è assolutamente possibile calcolare a priori (fuori dall’acqua con carta e penna) la giusta zavorra da indossare per stabilire il corretto bilancio idrostatico. É però possibile, o meglio dovrebbe essere obbligatorio per qualunque subacqueo, stabilire precisamente l’ammontare del carico statico che egli porta con se in acqua per ottenere uno strumento di comparazione da utilizzare nei diversi ambienti acquatici in cui ci si immerge. Questo consente di costruire una diversa sensibilità verso un tema che, come tu stesso dici, è molto trascurato nel nostro sport. Il subacqueo che si incammina verso questa impegnativa ricerca dell’equilibrio idrostatico corretto comincerà in breve tempo a sentire ogni singolo chilo in eccesso o mal posizionato come un fastidio insopportabile. Mi rendo conto che un articolo su una questione così ricca di interrelazioni ha bisogno di essere corroborato da prove pratiche sul campo, acquatico naturalmente, cosa che solo il corso ti può consentire. Un saluto
#24
Antonio (“Linea 53″)
(giovedì, 15 dicembre 2011 00:56)
@Orante:
Come Stefano sono un nuovo – e sottolineo felice – adepto dell’approccio sistemico/olistico DIR -hogarthian e anche io ho avuto la fortuna di incontrare Flavio, un team e un approccio che, senza retorica, posso definire semplicemente eccezionali (nel senso proprio della lingua italiana).
Per quanto mi riguarda, ti posso garantire che la mia è stata una scelta che con l’anticonformismo non ha nulla a che vedere. Penso di essere in buona compagnia…
Per didattiche “convenzionali” ci si riferisce semplicemente a quelle internazionalmente più diffuse, tramite le quali tutti i subacquei, me incluso, hanno avuto la fortuna di iniziare e che con grande successo consentono a decine di migliaia di persone di innamorarsi di questo sport.
Ti posso dire che – in base alla mia recente e modesta esperienza DIR-hogarthian – sto vivendo una “nuova vita” subacquea: ripartendo daccapo, dai fondamentali, sto avanzando per piccoli passetti, anzi, piccole impercettibili pinneggiate (avanti e… indietro) che mi porteranno lentamente (spero non troppo…) ad essere un subacqueo nuovo, pensante, consapevole, interattivo in un contesto di team, sicuro dei propri mezzi e in grado di godersi ogni secondo di ogni immersione, anche nel fango, con compagni di immersione che si immergono con lo stesso approccio e protocollo di immersione (attrezzatura omogenea, gestione dell’immersione semplice, sicura, programmata e condivisa prima di ogni tuffo – non un semplice briefing).
Sono solo agli inizi di questa nuova vita in una “nuova dimensione”, sono ripartito quasi da zero, come una “spina”, ma sono felice: mi sento ancora una crisalide, ma molto presto uscirò, diverso, e ancora più contento. Non un Antonio “sub 2.0″, ma un prodotto nuovo.
Il subacqueo che “ero prima” non esiste più. Ed è contento di essersi fatto da parte.
Buone immersioni!
ciao
#25
Cesare
(giovedì, 15 dicembre 2011 19:56)
Scusate se mi intrometto, sono un subacqueo che secondo questo tread è da voi definito convenzionale, pratico questo sport da circa 20 anni effettuando esclusivamente immersioni ricreative in aria a profondità che ritengo consone per questo tipo di immersioni. Mi sono sempre ritenuto un subacqueo pensante e, valutando varie didattiche, nessuna tratta il subacqueo come un essere con un solo neurone e per giunta atrofizzato. Piuttosto è l’approccio cha ha il subacqueo medio verso questo sport a renderlo tale.
Non conosco la vostra didattica, ma le basi ( non parlo del side-mount o il posizionare lo strumento e l’erogatore a destra piuttosto che a sinistra) non penso non possano essere diverse da qualsiasi altra didattica. Nel caso specifico della “pesata” sfido chiunque a trovare, in una qualsiasi didattica, affermazioni del tipo “più siete pesanti e meglio state sottacqua” bensi tutte, con metodiche diverse spiegano che il peso “imbarcato” deve essere il minimo indispensabile ed indicano dei principi-consigli per determinare una “pesata di base” che poi ogni subacqueo deve affinare. OGNI subacque appunto! Se questi non lo fa, non penso che sia tutta colpa della didattica, ma piuttosto dell’istruttore che non è riuscito a fargli capire l’importanza della cosa.
E’ indubbio che per immersioni in 10 m. l’errata pesata può essere trascurata ma successivamente ognuno di noi ha sempre cercato di “sbarcare” quanto più peso possibile, così come è indubbio che l’utilizzo di GAV o CA o Jacket che dir si voglia dai volumi di spinta pari a palloni di recupero non aiutano a responsabilizzare il subacqueo medio a cui interessa effettuare una settimana di immersioni all’anno a sharm e godersi in santa pace un po’ di bellezze naturali!
Tutto ciò nulla toglie alla vostra didattica che, comunque, penso possa essere apprezzata maggiormente da un subacqueo con esperienza che ha già maturato certe esigenze che non da un novizio che non ha idea neanche di cosa sono le pinne e la maschera.
#26
fabio
(giovedì, 15 dicembre 2011 20:36)
Buona sera a Cesare e a tutti voi.
Quando a Ilario ho risposto non c’era e non ci sarà mai ne da parte mia ne tantomeno da parte del ns Team alcun sarcasmo o superficialità nelle risposte.
Lungi da noi criticare o sbeffeggiare alcun subacqueo o didattica che a dir si voglia .
Noi per primi proveniamo da didattiche che per comodità ( ma senza alcuna critica ) chiamiamo convenzionali, se poi qualcuno vuole vedere o trovare del sarcasmo in questo termine penso abbia solo la coda di paglia.
Il ns scopo è far conoscere e trasmettere i benefici in ogni senso che questo “ Sistema “mette a disposizione di chi lo pratica e non a caso la domanda sta crescendo in modo esponenziale.
Conoscendo il sistema “ convenzionale “ e anche il sistema Dir posso e possiamo sicuramente esprimere le nostre impressioni e valutazioni, mentre non lo può certo fare chi ne ha testato e provato solo uno.
Dico sempre a chi mi chieda informazioni che il metodo migliore di apprendere e valutare questo “ Sistema “ è provarlo tutto il resto sono solo chiacchiere e ci troverete sempre disponibili ( impegni lavorativi ) permettendo )..
Un saluto a tutti .
#27
orante
(giovedì, 15 dicembre 2011 23:23)
Fabio, non capisco cosa c’entri il sarcasmo con la coda di paglia. Semmai, per chiarezza, trovo “superficiale” l’uso di termini come “convenzionale” soprattutto da chi, giustamente aggiungo, è attento nel distinguere assetto da spinta idrostatica. Forse sono solo parole, forse la subacquea è meglio farla che insegnarla. Ma siti come questo sono il mezzo per parlare di didattica e il metodo DIR è pur sempre una didattica, “convenzionale per coloro che la praticano”.
Cosa diversa è sostenere, e in questo sono d’accordo con l’intervento precedente, che basti il metodo (qualunque) per essere subacquei. E non aggiungo alcun aggettivo. Penso però che cattivi istruttori producano cattivi subacquei e questi sono trasversali a qualunque metodo o sistema, purtroppo.
Sono assolutamente favorevole a qualunque innovazione, metodo, didattica che aggiunga sicurezza, preparazione, esperienza a questa attività. E che mi permetta di arricchire il mio bagaglio di atleta appassionato e di istruttore. Ecco perchè leggo e seguo attentamente (e non da ora) i dettami del sistema DIR, ma non solo. Ho avuto il privilegio di seguire, passo passo, la nascita della didattica tecnica in FIPSAS. Ed è indubbio che l’ispirazione di base sia nata dai dettami del metodo DIR che, come forse ho già scritto, applico personalmente e insegno non solo ad allievi “tecnici”. Quindi sul metodo sono perfettamente in sintonia.
Ma con questo? posso sentirmi a posto? Sono sicuro di essere un buon subacqueo? posso reputarmi un buon istruttore?
Ecco, il mio iniziale intervento aveva questo scopo: in tante certezze (vere o presunte) lasciarsi lo spazio dell’elemento variabile o incognito sarebbe sempre opportuno. Sugli elementi variabili si sta lavorando molto e molto ancora si lavorerà.
Sulla domanda che cresce sono perfettamente d’accordo. Dovremmo però domandarci da chi arriva questa domanda e come viene alimentata. Lo sai Fabio cosa mi spaventa di più? Che didattiche storicamente ricreative con standard “minimi” (forse troppo) spingano subacquei con poca o scarsa preparazione personale a immersioni impegnative, convincendoli che basti una muta in trilaminato, una maschera frameless, un paio di pinne con cinghioli in acciaio e una piastra con anulare per affrontare immersioni “tecniche”. E’ sotto gli occhi di tutti il “business” che è nato grazie all’introduzione di nuovi metodi. Ma dove inizia la consapevolezza della maggiore sicurezza o comfort e dove finisce il marketing? Gli esempi si sprecherebbero….
#28
Andrea
(venerdì, 16 dicembre 2011 01:20)
Ciao Orante io penso che tu ti faccia domande del tipo “sono un bravo sub?” o “sono un bravo istruttore?” proprio perché vieni da didattiche che non sono UTD/GUE e ora ti spiego perché. Il sistema DIR (che non è una didattica) è applicato al 100% da due didattiche che sono GUE e UTD perché colui che ha creato gli esercizi dei corsi ecc è la stessa persona per entrambe le parti e si chiama Andrew Georgitsis. Detto ciò se tu prendi un qualsiasi istruttore GUE/UTD noterai: la grande esperienza di ognuno di essi, , l’amore per il sistema stesso e la convinzione che esso sia veramente efficace (difatti lo è) e di conseguenza nessun motivo per mettere “del proprio” all’interno dei corsi come succede nelle didattiche tipo Padi Ssi ecc ecc ecc (dove, come fai tu, si insegna un po’ di “””DIR”””” e un po’ di qualcos’altro)…. In ogni caso, anche se si seguissero gli standard Padi ecc passo passo il sistema utilizzato avrebbe comunque grossissime lacune. Oltre a tutto ciò per diventare istruttori UTD/GUE (fino a qualche mese fa) bisognava contattare direttamente Andrew oppure il suo socio Jeff. (solo 2 trainer in tutto il mondo). Ora abbiamo qualche altro trainer, uno di questi è Flavio, e sono tutti subacquei con le palle quadrate che sanno il fatto loro. Per quanto riguarda gli studenti posso dire la stessa cosa. Lasciamo stare la sezione ricreativa dove bisogna ovviamente essere un po’ più elastici e prendiamo invece la sez. tek/cave. L’ess of tech è il corso base dove si imparano pinneggiate trim ecc e se tu non sei in grado di fare gli esercizi oppure sei strimmato oppure non arrivi alle valvole, il corso non lo passi .. Niente paura, nessuno ti dira che sei stupido e nessuno ti sputerà in faccia ma come tutti, avrai bisogno di provare e riprovare fino a quando ci riuscirai. Se tu vai a fare un corso grotta e non sei in grado di risolvere tutti i failure richiesti il corso grotta non lo passi (non esistono “ma” “se” “forse” , o fai le cose nella maniera consona oppura non vai in grotta 8devo mettere in pericolo la mia vita perché tu non sei in grado di stare in un abiente chiuso ??). TI faccio un esempio di serietà. Io sono in messico e ho lavorato un po’ con Emanuela Bertoni che è un istruttrice cave di UTD. E’ arrivato un ragazzo Canadese perché voleva fare il corso Cave/stage che ti permette di usare gli stage in grotta. Lui era full cave (significa che hai navigazione illimitata ma senza stage, è abbastanza per farsi male) di non so quale didattica e dopo 5 giorni di corso Ela gli ha dato l’essential of Overhead che è l’equivalente dell’intro to tech con l’aggiunta di alcuni esercizi in zero visibilità e lungo la sagola (CON QUESTO BREVETTO NON PUOI ANDARE IN GROTTA)…… Pensa che questo ragazzo ha detto che nel corso che aveva fatto prima non gli avevano mai simulato un failure… ?????????? Grotta senza failure ?? Ecco, in UTD e GUE questo è IMPOSSIBILE …. Quando gli standard solo elevati e quando le persone che insegnano questo sistema credono veramente in quello che fanno ti assicuro che il risultato è eccellente e le domande che ti sei fatto si danno risposta da sole aprendo il portafoglio e guardando il brevetto con il tuo nome sopra….. Se ce l’hai, te lo sei meritato e quindi sei un buon sub !! Hola
#29
Francesco
(venerdì, 16 dicembre 2011 11:42)
Perfettamente in sintonia con Andrea. Di didattiche “convenzionali” (credo come le intende Fabio) ne ho provate tante. Prima l’Open e OWD Padi, troppo all’acqua di rose, così decisi di sperimentare la subacquea vera come si diceva allora. Approdai al 3 grado fipas che dovrebbe essere una sorta di Dive Master. Ancora oggi cerco di capire se frequentai un corso subacqueo o un corso di apnea. Non me ne voglia Flavio che so che é anche istruttore FIPSAS ma fu un’esperienza talmente surreale che infatti decisi di continuare con SSI, di cui sono oggi istruttore. Il vero cambiamento però a tutto questo modo di fare subacquea lo ebbi con il Fundamentals GUE che segnò una vera e propria rottura, altro che anticonformismo. Per chiudere il cerchio sto guardando con attenzione al Tech 1&2 UTD per l’interessante modo di gestire due immersioni profonde nella stessa giornata. Ma lo sceglierei solo perché legato a Georgitsis e quindi vero DIR . Non si può essere un po DIR, usare un po di frusta lunga di qua e un po di moschettoni di la, oppure la frase che fa più ridere , ti faccio un corso DIR STYLE perché io sono un istruttore DIR STYLE, tutte palle per vendere. Questo é un sistema d’immersione che si prende in blocco perché altrimenti non funziona e non serve a niente ciao
#30
fabio
(venerdì, 16 dicembre 2011 23:42)
Pur appartenendo, come istruttore sub,ad un altra didattica sono sempre stato convinto che la filosofia DIR rappresenti l’ABC della subacquea stessa e condivido praticamente in toto quanto insegnato soprattutto per quanto attiene la sicurezza, la gestione dei ruoli nel team e lo sviluppo dell’autocoscienza nel sub sia esso ricreativo o tecncico. In passato (2001) sono stato a contatto con sub Dir che avevano pero’ trasceso ed estremizzato alcuni concetti ma ora leggendo il sito di Flavio posso senz’altro affermare che come sempre non esiste la didattica perfetta ma uomini che possono renderla tale.#31
orante
(sabato, 17 dicembre 2011 11:04)
caro Andrea, ho l’onore e il privilegio, guadagnato con passione ed impegno, di far parte della didattica che la subacquea l’ha insegnata a tutta l’Italia e non solo. Negli anni ’70 (ma è possibile risalire agli anni ’50) un signore che si chiamava Duilio Marcante scrisse il “Manuale Federale d’Immersione” che è stato e rimane un pilastro della didattica subacquea.
Ti basterebbe rileggere le pagine di quel manuale (che sono state riproposte di recente nel “Manuale Federale delle Tecniche d’Immersione” per capire quanto fortemente sia stata fin dal suo esordio la volontà di creare solide basi per “….arginare la faciloneria ed il pressapochismo che inevitabilmente si evidenziano quando una disciplina sportiva si trasforma da fatto elitario a fenomeno di massa”. Questo veniva scritto 40 anni fa nella prefazione del manuale di Marcante.
Non voglio fare l’apologia di FIPSAS, non è mio compito, ma capirai che per me il metodo DIR può solo che essere considerato favorevolmente come un passo ulteriore verso la crescita della subacquea. Soprattutto in un momento come questo dove l’abbassamento degli standard minimi è stato utilizzato come mezzo per aumentare il numero dei praticanti generando, di contro, percentuali di abbandono elevatissimi. Se il subacqueo sente la necessità di crescere, migliorare la sua e l’altrui sicurezza ed è alla ricerca di risposte concrete e funzionali, ben venga. Ma non arroghiamoci (in generale intendo) di essere depositari dell’unica e sola verità.
Ripeto: non è la didattica o il metodo che fa il subacqueo! Qualunque essa sia. E’ dovere del sub attento e coscienzioso intraprende quei passi che ritiene giusti per trovare o ritrovare lo spirito di fare subacquea. Il metodo DIR ha dato un validissimo contributo. Ma non è l’unico. Sui protocolli minimi indispensabili che devono necessariamente essere a corredo di un qualunque brevetto sono più che d’accordo con te. Ci hanno accusato di essere una didattica troppo severa con programmi troppo lunghi e impegnativi. E i vostri? Non lo sono forse in egual misura? Ma giustamente… Ma allora non capisco perché Francesco, allievo P3, si sia lamentato del programma ritenuto troppo orientato verso l’apnea. Intanto ricordo a Francesco che il programma di piscina FIPSAS per tutti i brevetti “ricreativi” prevedono un minimo di 13 lezioni di piscina metà dei quali sono dedicati al corpo libero e alle attrezzature d base (pinne, maschera ed aeratore). Se Francesco ha approcciato la didattica FIPSAS partendo dal P3 (che NON è un corso dive master proprio per niente) ha dovuto necessariamente coprire un gap formativo molto ampio. Ne è stato capace o ne è rimasto solo impressionato in maniera surreale?
E per finire leggo i requisiti minimi per partecipare ad un corso UTD:
A tutti i corsi non vengono ammessi fumatori (in effetti su questo punto noi siamo un po’ meno rigorosi)
• Essere capace di fare un percorso in apnea di almeno 15 metri o dimostrare una donazione di
aria in cui il sub senz’aria deve nuotare almeno 15 metri per arrivare all’erogatore (è nel nostro percorso a partire dal P2 e prevede 20 mt in apnea e 25 mt con assetto neutro, appesantito e positivo)
• Essere capace di nuotare per almeno 275 metri in meno di 14 minuti senza fermarsi oppure
575 metri in 18 minuti con maschera e pinne senza fermarsi (il nostro standard è 200 mt in 8 min per gli allievi P2 oppure 100 metri di nuoto a corpo libero in 110 secondi e 1500 metri di nuoto pinnato in 30 minuti)
• Tutti i partecipanti devono essere in grado di trainare un compagno completamente
equipaggiato, in un ambiente d’immersione, per almeno 450 metri in 16 minuti (noi non abbiamo minimo o massimi da rispettare in mare con attrezzatura ARA ma in piscina l’allievo trasporta l’infortunato per un percorso di 25 metri dopo averlo raggiunto a nuoto per 25 mt e recuperato sul fondo)
• Tutti i partecipanti devono saper effettuare le tecniche di salvamento di un sub in sincope
Iperossica (le nostre tecniche di salvamento e auto salvamento vengono proposte già dal P2).
Per concludere sono d’accordo con te quando dici che la somma delle singoli componenti di un metodo non necessariamente ne fanno il totale ma se di sistemi olistici stiamo parlando ti ricordo che anche una automobile è considerata un sistema olistico eppure tutte le automobili (di marca diversa) fino a prova contraria hanno un sistema propulsivo, un sistema sterzante e si alimentano di qualcosa…
#32
Paolo Govetto
(sabato, 17 dicembre 2011 14:23)
Per quanto il confronto costituisca sempre un momento di accrescimento, personalmente ritengo che il problema di questa interessante discussione sia a monte. La subacquea professata da FIPSAS, PADI, SSI….bla, bla….semplicemente non è paragonabile con il sistema DIR/hogarthian. Lo dimostra il fatto che anche i subacquei con anni di esperienza e migliaia di immersioni, allorquando approcciano a questo sistema devono ricominciare dalle abilità di base e ricondizionarsi completamente. L’accettazione di un simile stato di fatto è l’autentico elemento di discrimine.
#33
orante
(sabato, 17 dicembre 2011 15:54)
Io specificherei meglio, se mi permetti Paolo. Direi che subacquei con “esperienza” (sulle migliaia di immersione starei un pò più cauto) allorquando approcciano il sistema DIR sono obbligati a ricominciare dalle abilità di base perchè nessuno gliele ha imposte come “condizio sine qua non” per guadagnare un brevetto. Ecco che allora, quanto detto da Andrea circa il peso formativo di un brevetto nel portafoglio, ha valenza positiva.
Questo problema è di gran lunga meno sentito da chi ha seguito un percorso di acquaticità e subacquaticità più approfondito.
Il ricondizionamento mentale è OBBLIGATORIO per un salto di qualità individuale. E se questo ricondizionamento passa attraverso rigidi standard, metodi applicativi di gruppo, condivisione, preparazione fisica, ecc… mi trovi al 100% in accordo.
I praticanti la subacquea hanno forse raggiunto una maturità superiore di cui dobbiamo essere solo lieti.
#34
cesare
(sabato, 17 dicembre 2011 17:05)
Sono abbastanza d’accordo con cio che dice orante, io sono uno tra quelli che, pur non avendo seguito corsi FIPSAS, il libro di MArcante – Odaglia l’ha letto e riletto.
E’ indubbio che oggi le didattiche ricreative hanno abbassato lo standard ma è anche cambiato l’obiettivo.
Quando venne scritto il libro da Marcante, andare sott’acqua era considerato non a torto roba da “rambo”. Questo lo possiamo dedurre anche dalle semplici osservazioni di Fabio quando parla che con una muta umida da 5 mm risalire dai 30m non è roba da tutti ( se non si ha il GAV) se si è sovrappersati poi….
Fino agli anni ’70 si scendeva con lo schienalino e basta, gli erogatori erano monostadio ( con tutto ciò che comporta la loro gestione), si scendeva da soli, raramente in coppia e ancor più raramente in gruppo, per cui è normale che venissero richieste certe prestazioni fisiche, servivano a garantire un minimo di sicurezza, ma sopratutto sarebbe dovuto servire a far entrare in testa all’allievo che per andare sott’acqua è necessario essere in buona forma fisica.
Oggi però, obiettivamente parlando, per il 90% delle immersioni subacquee e per l’attrezzatura adottata e per la sua affidabilità ….. tutto ciò non è strattamente necessario, tant’è che riusciamo a portare sott’acqua anche ragazzi diversamente abili.
Le cose cambiano per quel 10% o forse meno di immersioni che…… non tutti andranno mai ad affrontare. Certo è che se le immersioni “tecniche” ( miscele ed altro) verranno spinte sempre più in un’ottica commerciale, allora dovremo cominciare a preoccuparci. La didattica DIR ( per quello che ho potuto leggere ) non sconvolge la vita a nessuno, ha fatto delle scelte. Ma fa’ parte dell’evoluzione, forse anche commerciale, della subacquea. Come diceva orante alcuni concetti considerati ricoluzionari si ritrovano in didattiche “antiche” cioè all’origine delle cose.

#35
Paolo Govetto
(sabato, 17 dicembre 2011 20:38)
“Dunque, se il subacqueo vuole approfittare le applica (le tabelle ndr) rigorosamente e le sue immersioni da questo punto di vista sono sicure. Uno slogan valido potrebbe dire che l’embolia se la prende chi vuol prenderla”
Queste espressioni sono un estratto del Manuale Federale d’Immersione di Duilio Marcante. Lette in una chiave contemporanea, esprimono un dogmatismo sgretolato dall’evidenza. Non a caso le moderne strategie di risalite tendono sempre più ad essere informate dai modelli a microbolle rispetto a quelli compartimentali. Non si tratta di un capriccio commerciale, ma la semplice e naturale maturazione di un processo avviato nel tempo e corroborato dalla validazione nelle condizioni più estreme. Le medesime considerazioni sono estendibili a tutti gli altri aspetti della subacquea. Il DIR non è, come leggo, una didattica, bensì un SISTEMA. La questione non è lessicale ma ontologica. Un sistema si alimenta e progredisce grazie alla propria vitalità, senza preoccuparsi di attingere da altri (vds ad esempio la c.d. Configurazione Immersione Avanzata); ha conoscenze, procedure e protocolli codificati e replicabili all’infinito. Il DIR non è concorrente rispetto alla subacquea praticata dai più: semplicemente si pone su un piano diverso. E’ ammantato di una logicità, coerenza e flessibilità sconvolgente. A buon titolo può essere considerato come storico elemento di rottura con il passato al pari di un atto rivoluzionario o di una grande scoperta. Concepirlo come fenomeno di costume o commerciale rappresenta un’ingenua ed autoreferenziale sottovalutazione.
#36
orante
(sabato, 17 dicembre 2011 22:34)
Nessun subacqueo degno di questo appellativo liquiderebbe il sistema DIR come un fenomeno di costume. Ma che da un atto rivoluzionario possa nascere un business non è mica peccato. Anzi.
Negli anni ’80 ci si immergeva con PPO2 nettamente superiori a 1,8; oggi stiamo attenti a non superare 1,4 rispettando rigorosamente i tempi di esposizione delle tabelle NOAA. Mi sono immerso per anni con un computer Aladin Pro che usava tabelle Buhlmann, ora mi immergo con un Helo2.
Le cose vanno avanti, caro Paolo, (anche per noi) e solo una persona ottusa negherebbe queste conquiste. Se vivere questo sistema o qualunque altra didattica/metodo come “concorrente” può voler dire “crescere e migliorare” allora viva la concorrenza. Se qualcuno ha qualcosa d’intelligente da dire, bene. E’ la subacquea che ne trae vantaggio. Nella sua complessità.
Voglio solo rassicurarti che anche noi ci aggiorniamo e cerchiamo di non rimanere ancorati al nostro passato. Non giriamo con il santino di Duilio nel portafoglio e abbiamo anche altri testi oltre il “Manuale Federale”.
E permettetemi di fare un piccolo appunto: non vorrei passare per il guastafeste di turno che cerca di insegnare in casa d’altri. Non è questo l’intento dei miei interventi. Mi piace parlare di subacquea senza esclusioni. E leggo volentieri le vostre esperienze, cercando di portare le mie. Se gradite.
#37
Palo Bisceglia
(domenica, 18 dicembre 2011 00:05)
Ho letto la discussione sul tema e mi sembra che si evidenzi ciò che è comunemente definito una dissimetria dell informazione. A scanso di equivoci chiarisco il concetto, i due attori non hanno a loro disposizione lo stessa quantità/qualità di informazioni e le loro decisioni/scelte ne sono influenzate. Se operassi in borsa e potessi godere di informazioni riservate potrei operare con maggior profitto del mio interlocutore. Applicato al caso di specie, intuisco, mi corregga se sbaglio, che Orante pur interessato ed incuriosito dal tema non ha mai frequentato un corso Dir. Io non ho fatto mille immersioni ma almeno 500 si e non solo in Croazia ed è mia opionione avendo seguito sia corsi Dir di didattiche diverse , UTR Tek e UTD, che corsi di didattiche convenzionali, Fipsas-cmas NAUI , che non sia possibile comprendere il sistema olistico di immersione DIR-Hogartian se non lo si è studiato con un buon istruttore, sia UTR-TEK, UTD o GUE che si preferisca. Senza la conoscenza e la compresione del sistema la discussione su singoli aspetti dello stesso disgiunti dall insieme è sterile ma a tutto si puo porre rimedio e invito Orante ad unirsi a noi a smazzarzi i 6 di base davanti alla linea. Acque limpide a tutti
#38
orante
(domenica, 18 dicembre 2011 01:00)
dove potrei scaricare un percorso didattico completo UTD? Da quale mi consigli partire?
Tieni presente che ho all’attivo una media di 100/130 immersioni l’anno di cui quasi la metà con decompressione (EAN 50 e O2) entro i 60 mt.
#39
Flavio Turchet
(domenica, 18 dicembre 2011 13:26)
Ciao Orante, il percorso relativo al tuo livello di immersioni lo puoi vedere al seguente link: http://www.unifiedteamdiving.com/page/technical-and-trimix-diver . Il problema è che nel sistema DIR di UTD ( come del resto accade in GUE) nessun istruttore riconoscerà mai le tue abilitazioni se non dopo averti messo di fronte ad una sagola per verificare la solidità delle abilità di base. Lo so che è difficile capire questo, soprattutto per i subacquei di lunga esperienza, ma cominciare da capo per impossessarsi di un nuovo linguaggio è indispensabile come quando andiamo in un paese straniero: sappiamo parlare perché lo abbiamo sempre fatto ma non quella nuova lingua specifica. Giusto per fare un esempio più vicino e comprensibile al nostro comune background didattico, il rischio è analogo all’esperienza vissuta da Francesco che si era imbattuto in un nostro di 3° grado FIPSAS senza aver sviluppato le abilità legate all’acquaticità a corpo libero che la Federazione pretende. Nel sistema DIR non si fanno cose diverse rispetto agli altri subacquei ma si fanno in modo diverso ed estremamente standardizzato. L’obiettivo è quello infatti di creare un team di subacquei che pensano ed agiscono in un solo modo e non un team di persone con diverse, se pur eccezionali, abilità subacquee personali e personalizzate. Spero di averti chiarito le sostanziali differenze, anche se sono perfettamente conscio che solo un corso specifico può eliminare qualsiasi dubbio. Un saluto
#40
Paolo Bisceglia
(martedì, 20 dicembre 2011 18:11)
Ciao Orante, il buon Flavio ti ha dato come da sua abitudine una pronta ed esaudiente risposta. Spero tu abbia la possibilità di seguire un corso da noi. Scusa la domanda , se lecita, dove abiti? Sei sicuramente molto fortunato e ti invidio. Io per fare solo le 50-60 immersioni l’ anno a 60 mt dovrei uscire ogni week end e non basterebbe, farmi 5-6 ore di auto nella migliore delle ipotesi e DIOBO, come diceva il grande SIC , solo di gas e passaggi barca sono 4000/5000 euro. Beato te io fra lavoro e famiglia non ce la farei propio. Un saluto
#41
orante
(mercoledì, 21 dicembre 2011 00:07)
Ciao Paolo, ringrazio Flavio per i consigli anche se ho avuto qualche difficoltà a capire il percorso didattico dei singoli corsi. Non appena ho qualche minuto di pausa vedo di dedicarmici con maggiore attenzione.
Io abito nell’estremo ponente ligure e qualcuno di mia conoscenza direbbe dove è nata la subacquea…
Da quando pratico questo sport non è passata una settimana senza che sia riuscito a fare almeno una immersione. Certo che avere il mare sotto casa e amici con gommoni o diving è un gran vantaggio.#42
Stefano
(mercoledì, 21 dicembre 2011 19:25)
Ciao a tutti, ho seguito un po’ la discussione, a distanza di qualche giorno esprimo il mio pensiero.
Credo si facciano troppi paragoni, penso che questo sistema non vada paragonato ad altri con finalità diverse, DIR nasce per un certo tipo d’immersioni, chiamiamole “tecniche” o come vogliamo, ma comunque non ricreative, è appunto un’evoluzione della subacquea rivolta (principalmente) a chi vuol fare qualcosa di un po’ più impegnativo dove tecniche ed equipaggiamenti adatti a un’immersione ricreativa non bastano più.
Poi, sicuramente molti concetti, ma soprattutto quelli legati alla sicurezza se applicati a qualsiasi tipo d’immersione, ben vengano. Comunque, se di solito non si va in pista con una macchina di serie, e non si va in strada con una macchina da corsa, (una non è migliore dell’altra, ma semplicemente nascono per fare cose diverse) di sicuro nel caso di un incidente in strada con una macchina da corsa, indossando un casco, avendo un rollbar robusto, bloccato al sedile con cintura a cinque punti, la mia protezione è di molto maggiore. Se faccio un’immersione ricreativa in mare con le conoscenze, e soprattutto con le abilità conseguite per un ambiente ostruito, certamente la sicurezza mia e dei miei compagni sarà maggiore (vedi anche i concetti di Team). La mia capacità di gestire eventuali problemi sarà diversa.
Quello che trovo ancor più interessante pero, è che in questo sistema il Trim, il controllo dell’assetto e la padronanza in generale della posizione in acqua, diventa un aspetto fondamentale, senza di questo non si prosegue con il resto.
Solamente il fatto di governare pienamente la propria posizione, di non dipendere più da una cima per compiere una risalita dal fondo, di poter compiere in autonomia le proprie tappe di decompressione mantenendo la quota senza riferimenti visivi, già questo, da solo, per me vale un corso di questo tipo.
Da questo punto di vista penso di ritenere che siamo tutti d’accordo che ciò fa un’enorme differenza se non altro per portar più rispetto al nostro meraviglioso mondo sommerso e ai suoi abitanti, troppo spesso in acqua vediamo scene raccapriccianti.
Quello che recepito da Flavio e il suo Team in questa mia recente esperienza con loro è che l’obiettivo principale sia divertirsi, andando in acqua con sicurezza, con il confort e la tranquillità che un insieme di attrezzature unite alla piena consapevolezza di come gestirle può dare. Sono ancora in piena fase di apprendimento, e mi sto godendo ogni piccolo passo in avanti verso quest’obiettivo, molto, ma molto di più di quanto avrei creduto possibile …….
Un Saluto a Tutti
Stefano
#43
giuseppe
(martedì, 31 luglio 2012 18:28)
condivido pienamente quanto ha scritto Flavio. Molta gente va in acqua credendo che l’abilità di un subacqueo sia quella di andare profondo e più si va profondi è più si è bravi. Una grande cazzata.
#44
Giobbe
(lunedì, 17 dicembre 2012 19:01)
Quoto il post di Andrea. La serietà con cui si fanno le cose in GUE e UYD non ha eguali. Inutile sfoggiare mille brevetti o vantarti di questo o quello. La sagola e la telecamera non perdonano. E ritorni piccolo piccolo eh eh
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